LUN - VEN: 10:00 - 13.00 | 16:00 - 18:00 PM

Ufficio Postale Morcone

UFFICIO POSTALE A MORCONE, 1999
con Gianluca Di Vito

Pubbl. su: “Abitare la terra” n. 3. 2002, “L’ufficio postale di Morcone”, presentaz. di Benedetto Gravagnuolo.

Il piccolo presidio postale, ricavato in una palazzina del primo Novecento, è l’unico intervento di un vasto programma di riqualificazione del centro storico di Morcone. All’intensità e quantità di disegni fa riscontro l’economicità dell’intervento dove i pavimenti in graniglia di cemento e il soffitto in pannelli di legno mineralizzato fanno da sfondo al pregio di porte, maniglie e scrittorio.

Capitolo 2 di “Altre parole nel vuoto” Giannini 2012
PARERE SULL’UTILIZZO DELLA EX CHIESA DI SAN SALVATORE IN MORCONE (BN)
A cavallo del 1995 e 1996, l’ex allievo Gianluca Di Vito m’invitò ad effettuare una serie di sopralluoghi nel territorio compreso fra la provincia di Benevento ed il Molise. Introdotti da suo padre, in quel periodo questore ad Isernia, ci recammo a “caccia” di commesse per paesi e piccoli centri di quel territorio. Fu un’esperienza indimenticabile: ai margini dei borghi siamo entrati dentro case di pietra disabitate ammirando le perfette organizzazioni spaziali dettate dalla saggezza e dalle necessità contadine, organicamente incastonate fra percorsi a misura di mulo fra meravigliosi paesi arroccati nei crinali dell’Appennino. Il procedere nel silenzio, rotto solo dal calpestio dei nostri passi, ha evocato – inteso in senso positivo – un pensiero di Le Corbusier quando scrisse che <È l’asino che ha tracciato la pianta di tutte le città d’Europa>. Ogni quindici giorni andavamo “per sindaci” che – meravigliati e compiaciuti – ci spiegavano o che avevano già fatto i lavori o che gli mancavano i soldi per farli. Meno uno, Aurelio Bettini sindaco di Morcone che manifestò un inaspettato entusiasmo. Aveva ereditato un comune in dissesto ma, tenace e pieno di idee, ci mostrò subito tre luoghi che a suo giudizio avevano bisogno delle nostre cure: un rudere causato dall’esplosione di una bombola del gas, un altro dovuto ad una frana ed il terzo, in alto nel versante opposto del paese, una chiesa ridotta ai soli muri con all’interno un volume in cemento armato. Nel sopraluogo, il sindaco, il segretario comunale ed il comandante dei vigili (in divisa) espressero il loro verdetto sulla “bruttura” (nel linguaggio comune il cemento è assai negativo) cui porre rimedio, ma espressi subito un diverso parere e lo scritto che segue ne costituisce il progetto.
Per il sindaco Bettini abbiamo poi progettato un piano urbano con l’obiettivo di bloccare l’esodo dal meraviglioso centro storico, rimasto intatto proprio perché conformato a misura d’asino. Era un buon piano che con pochi e discreti innesti di “chirurgia moderna” avrebbe consentito l’uso dell’automobile e quindi il ritorno degli abitanti. Tuttavia, benché cofinanziato dalla Regione, il piano è restato sulla carta dopo che il popolare ed onesto sindaco fu silurato dal cognato e dal suo stesso partito. Realizzammo solo il recupero di un edificio liberty adibito ad ufficio postale mentre il nostro progetto scritto per la chiesa di San Salvatore fu incautamente pubblicato sul foglio locale attirando l’attenzione del prete che ne rivendicò la proprietà e gli appetiti dall’architetto locale che fece abbattere il volume cementizio e restaurare la chiesa adibita a sala riunioni. Un costo inutile per uno scopo inservibile.
Non abbiamo alcuna foto dell’insieme ma ci resta il progetto dell’esecrato volume cementizio che a noi invece comunicava una qualche vitalità. Notammo che si inseriva in palese autonomia riproponendo alcuni etimi geometrici di Siza ed infatti scoprimmo che era stato redatto da un epigono di Francesco Venezia.
Mi piace dire che ho qualche convinzione ma solo due certezze, la forza di gravità e “mai dire mai”. Così, mai avrei pensato di poter fare un “progetto scritto” come quello per la chiesa di San Salvatore a Morcone. Di più, credo di non esagerare sostenendo che è uno dei migliori progetti fatti dal nostro studio per cui posso rivendicare la massima di Leon Battista Alberti <…la maggior gloria fra tutte consiste nella valutazione con retto giudizio di cosa sia degno>.

PARERE SULLO STATO E SULL’IPOTESI DI COMPLETAMENTO ED UTILIZZO DELLA EX CHIESA DI SAN SALVATORE IN MORCONE (BN)
I sottoscritti Prof. Arch. Sandro Raffone, nato a L’Aquila il 8.8.1946 e residente a Napoli in Piazza Gesù e Maria n.4 ed Arch. Gianluca Di Vito, nato a Napoli il 24.5.1967 e residente ad Avellino in via A. De Meo n.2, con la presente relazione esprimono il parere sullo stato e sull’eventuale ipotesi di completamento ed utilizzo della ex-Chiesa di San Salvatore richiesto dal Comune di Morcone con Delibera di Giunta Municipale n.185 del 27 giugno 1997.

STATO – L’Architettura, la cui vocazione è la finitezza, è tuttavia un manufatto che nel tempo subisce modificazioni, trasformazioni e decadimento. Gli accadimenti che hanno privato la chiesa del suo uso, hanno poi indotto a cercarne uno diverso che, forse, è marginale alle necessità odierne della comunità.
L’insieme delle fabbriche costituito dalla chiesa di S. Salvatore e dall’inconcluso museo presenta, rispetto al tempo, la singolare condizione di contrapporre due ruderi: il primo denuncia nei resti dell’involucro murario la perdita della sua interezza; il secondo manifesta nello scheletro strutturale la sua incompiutezza. Nello spazio fra i due ruderi si fronteggiano la nostalgia fra ciò che fu e ciò che non è ancora divenuto. Se abbandonati, rischiano lo stesso destino di divenire “assenze”.
Tuttavia, l’insieme riserva un indubbio fascino emanato sia dalla forza che l’antico recinto lapideo manifesta nel resistere al disfacimento ed all’oblio, sia dalla speranza di completamento espressa dal corposo scheletro cementizio.
Già il sopralluogo ha stimolato un’ipotesi, solo apparentemente astratta, quando, vedendo i resti di cornici, modanature e pietre nel loro precario abbandono, abbiamo compreso che proprio il conflitto leggibile nel residuo spaziale fra il contenitore e il contenuto determina la risposta al tema.

CONSIDERAZIONI ED IPOTESI – Riteniamo che il completamento del progetto del museo è oggi difficilmente sostenibile sia per i costi che per la destinazione d’uso. Per lo stesso ordine di ragioni escludiamo l’abbattimento del corpo in c.a.: oltre a quanto già speso per il rustico ed ai costi di rimozione si dovrebbe procedere ad un altro costoso, improbabile e forzato uso dei resti della chiesa.
Il tempo degli sprechi è finito e con esso il tempo dell’esibizione. Ora è imperativo un atteggiamento etico che valuti conveniente l’investimento di ogni energia nell’ottica dell’economia non solo dei costi ma anche dello spazio e dei segni.
Pensiamo che un’ipotesi d’intervento debba poggiare su poche considerazioni semplici ma complementari: assumere l’insieme come un bene, cercare ed individuarne le valenze ed infine convertire le limitazioni in vantaggi. In particolare, riteniamo di utilizzare i fenomeni opposti (dentro-fuori, aperto e chiuso, luce ed ombra, antico e nuovo) per mantenere il sito in uno stato di coinvolgente tensione.
Per trovare una destinazione pertinente allo stato del complesso, cioè per definire a cosa serve è necessario prima tentare di definire cos’è, cosa può significare.
L’insieme è certamente un bene portatore di valori storici, di luogo, di forma e di spazio. Pertanto può essere considerato un monumento. La radice etimologica di monere e mentum, ricordare e far sapere, indirizza la soluzione del suo utilizzo: conservare ed esprimere.
PROPOSTA – Se la finalità primaria è l’espressione e la custodia dell’insieme che racconta se stesso così com’è, la stessa finalità suggerisce di considerare il complesso come un contenitore, come un recinto-forziere dove conservare i resti di questo ed altri edifici che, avendo concluso il loro ciclo attivo, possano continuare – per chi voglia e sappia interrogarli – a testimoniare gli usi, i costumi e la cultura che li hanno realizzati. Il complesso può essere una memnoteca di pietre. I frammenti di memorie saranno conservati nello scrigno di cemento isolato nel recinto lapideo.
La conservazione dell’insieme (obiettivo primario) deve avvenire nei confronti di due agenti: la natura e gli uomini. La protezione dal primo agente può essere garantita verificando lo stato di tenuta dei muri di pietra e dei volumi cementizi rispetto ai fenomeni atmosferici, le acque piovane ed il loro efficiente smaltimento; la protezione dagli intrusi necessita l’inserimento di efficaci schermature nelle aperture. Queste saranno costituite da inferriate e grate definite da un progetto di dettaglio.

Pochi semplici interventi di sistemazione del suolo (opus incertum, ghiaia, vegetazione) ed un sistema d’illuminazione studiato ad hoc, potrebbero essere sufficienti ad assecondare gli obiettivi proposti: conservare ed esprimere.
La fruibilità dell’interno è riservata a circostanze particolari come mostre all’aperto, incontri, visite solitarie. Proprio l’esclusione dal quotidiano può rafforzare il desiderio di completare anche all’interno quell’emozione che l’eloquenza del silenzio della chiesa manifesta all’esterno come forza del luogo.
Quest’ipotesi d’intervento minimo non deve essere considerata come un ripiego rinunciatario, al contrario siamo convinti che un suo approfondimento in sede di progetto possa riservare ulteriori stimoli ed arricchimenti alla soluzione ed inoltre lascerebbe aperta la possibilità di sviluppo per ulteriori adeguamenti nel tempo.
Napoli, 1 ottobre 1997

Prof. Arch. Sandro Raffone
Arch. Gianluca Di Vito

  • ANNO :
  • LOCATION :
  • SEZIONE :